Il nostro territorio cominciò a formarsi circa 150 milioni di anni fa, quando i movimenti della crosta terrestre crearono un abbassamento del bacino marino formando la Puglia. Maestose distese d’acqua scivolavano violentemente dall’altopiano murgiano al mare.
L’acqua scavava, modellava, smantellava il solido calcare, si insinuava tra le fratture della rocce, vulnerabile alla sua forza impetuosa creando fiumi sotterranei che erodevano in profondità.
Scorreva trascinando ciottoli e massi che, scagliati contro le pareti rocciose, le frantumavano lasciando profonde cavità. Risalita in superficie l’acqua depositava quei sedimenti che, cementandosi fra loro, avrebbero dato origine alle più morbide rocce calcarenitiche di gravina, quelle rocce comunemente dette “tufi”.
Crolli successivi dovuti a fenomeni sismici e l’azione erosiva del vento, del sole e del gelo contribuirono ad allargare progressivamente questa fessura che nel tempo è diventata “grava” o meglio, come oggi viene definita, “gravina”. La formazione delle gravine risale all’Era Terziaria, circa 60 milioni di anni fa. Ma, pur avendo una veneranda età, l’evoluzione per queste ferite della Murgia pugliese non è certo terminata qui. Nell’arido e sterminato banco roccioso dell’altopiano delle Murge, le gravine, autentiche oasi di natura, sono un vero esempio di valli di erosione: stratificazioni della roccia nelle quali, come pagine di un libro, è scritta una storia millenaria di erosione carsica.
Calcareniti, sabbie e argille affiorano portando con sé i resti della loro antichissima origine marina. Grotte costellate di fossili si trovano in tutto l’arco delle Gravine. Essi sono sistemi ecologici vivi e dinamici che accolgono in sé forme di vita peculiari e conservano ancora un ricchissimo patrimonio naturale. Sulle pareti rocciose, la dove la frantumazione del calcare ha creato cavità più profonde, emergono e paiono scaturire dalla roccia, piante e arbusti, essenze aromatiche e sempreverdi, enormi cespugli, la macchia mediterranea che emana, soprattutto d’estate, un profumo intenso e piacevole.
Inoltrarsi sul fondo di una gravina è come percorrere un viaggio fantastico: corsi d’acqua provenienti dall’altopiano delle Murge creano, soprattutto in primavera, laghetti d’acqua dolce e piccoli torrenti che scorrono sul fondo e percorrono la gola fino alla piana costiera. In questa stagione i laghetti ospitano nutrite corti d’anfibi. Brevi periodi nei quali la presenza d’acqua riporta le gravine alle loro originarie funzioni.
Attorno ai corsi d’acqua gravitano animali ed uccelli che delle gravine hanno fatto la loro privilegiata dimora. Ci si può facilmente imbattere in alcune specie di rapaci, fra i più comuni: il Gheppio, e il Grillaio, e alcune delle specie animali più rare: il Capovaccaio (un avvoltoio europeo), il Lanario, il Gufo reale.
Un’altra particolarità è il microclima che viene a crearsi: all’interno si ha un’inversione termica, per cui la temperatura è sempre più calda d’inverno e più fresca d’estate, l’ambiente ideale per la vita di piante e animali. L’emozione che rimane impressa è quella di un paesaggio unico al mondo con la sua grandiosità, la sua ampiezza, il suo mistero.
La presenza delle gravine ha notevolmente influenzato la storia del popolamento di questo territorio.
Numerose tracce di insediamenti archeologici testimoniano, infatti, che esse furono frequentate dall’uomo fin dalla preistoria; nelle sue grotte, nel Medioevo, fiorì la cosiddetta civiltà rupestre con interi villaggi scavati nelle rocce e cripte sacre ricche di affreschi. In direzione sud, le gravine si estinguono, lasciando il posto alle “lame” che, insieme ad alcune zone che costeggiano il fiume Lato soggette ad impaludarsi, costituiscono le cosiddette zone umide. Le lame rientrano nella tipologia del fenomeno carsico, ma la loro caratteristica è che esse si sono sviluppate in larghezza più che in profondità, a causa della composizione geologica del terreno più friabile. Le più grandi e più belle gravine della Puglia sono concentrate lungo l’arco jonico, che comprende il territorio dei comuni di Ginosa, Laterza Castellaneta, Mottola, Massafra, Palagianello, che potremmo definire “la Murgia delle Gravine”, e che corrisponde alla porzione sud-orientale dell’altopiano delle Murge.
Le più grandi e spettacolari sono quelle di Laterza e Castellaneta.
A Castellaneta la “Gravina Grande” è quella più rilevante dal punto di vista delle dimensioni, ma ve ne sono delle altre: Gravina di S. Stefano, Gravina di Coriglione, Gravina di Montecamplo, Gravina del Porto.
Lunga circa 12 km, profonda in alcuni tratti oltre 200 m e larga anche 500 m, le gravine hanno, in quella di Laterza, l’esempio più spettacolare per estensione e profondità.
Quella di Ginosa, meno profonda, circonda la città a semicerchio e si snoda anch’essa in una serie di anse. Sessanta gravine, tutte con la propria particolare identità paesaggistica, floristica, faunistica ed anche storica per la presenza della civiltà rupestre che ha arricchito questi luoghi con chiese, villaggi, ripari, tutti scavati nella roccia.
Un mondo di roccia che si presenta come un insieme di pareti verticali, cavità, pinnacoli, speroni, nel cui corso meandriforme e spettacolare si è concentrata tutta quella natura che fa delle gravine un’area unica e suggestiva.
Testi di Davide Scalone