Salento, terra di sole e di mare, terra di storia e di confini violati. Terra affacciata ad oriente e adagiata all’ombra degli ulivi.
E’qui che il clima favorisce le colture di prodotti particolari e la rigogliosa crescita delle erbe tipiche della macchia mediterranea come rosmarino, salvia, timo e maggiorana.
E’ qui che la cucina del territorio, fatta di pentole di coccio e di tajèddhe, conserva intatti i tratti della civiltà contadina. Una cucina che nel tempo si è pregiata delle influenze spagnoleggianti e francesi che ne hanno arricchito ma anche modificato sapori e odori.
Una cucina che lega i prodotti del mare e della terra in una perfetta commistione di gusti, una cucina che è mediterranea, ad alto potere nutrizionale, di intensi profumi, vivaci colori ed inconfondibili sapori.
Una cucina dal gusto forte, tradizionalmente pervasa dall’aroma del cappero e dell’origano, dell’aglio, della menta e del peperoncino piccante. Anche qui come nel resto della penisola, l’olio ed il vino restano senz’altro gli elementi fondamentali dell’intera economia salentina.
Ma non mancheranno di stupire latticini e formaggi pecorini, specialità locali come la “recotta scànte” e la “burrata”.
Ortaggi e prodotti tipici come i pampasciuni, cipollette selvatiche intagliate a croce nella parte inferiore e bollite in acqua salata, sgocciolate e condite con olio d’oliva, aceto di vino rosso, aglio e pepe nero. Simbolo della gastronomia salentina è una pasta e ceci tipica del leccese, detta “ciceri e trìa”, un piatto inconfondibile, di gusto contadino e dal sapore antico.
La parola “trìa” deriva dalla parola araba “itriya” che significa pasta fritta o secca. La tria nel Salento identifica la tagliatella di farina e acqua senza uovo, larga poco più di un centimetro e lunga quindici della cui quantità da utilizzare, una parte viene fritta mentre la rimanente lessata nel brodo dei ceci.
Più si scende verso il Salento più le farine divengono scure nei loro impasti e danno vita ad una ghiotta produzione di “pasta fatta ‘ccàsa” tipica della zona come le orecchiette e i maccheroncini al ferretto e, per dirla nel dialetto salentino, di “sagne ‘ncannulàte”, “pizzarièddhi”, “lagane” e “laganièddhi”.
Accanto ad un discreto allevamento di agnelli e conigli un posto di rilievo viene occupato dalla carne di cavallo, da sempre indiscussa protagonista delle tavole salentine per la favolosa “pignata”, piatto forte e prelibato, piccante e rosso come il fuoco.
Polpette ed involtini restano poi il cibo della festa, protagonisti indiscussi di sagre paesane, fiere e feste patronali.
Tra i menù di mare, invece, la zuppa di pesce rimane un piatto richiestissimo sin dai tempi della Magna Grecia. Orate, scorfani, triglie, calamari, dentici e polpi preparati con sughetti speziati e saporiti rappresentano ottimi condimenti anche per maccheroni, spaghetti e pasta fatta in casa.
Come prestigiosi fuori pasto, il salento offre curiose specialità, le friselle, tipico pane biscottato condito con olio e sale e le famose pucce, pagnotta tipica leccese con olive nere o alla pizzaiola.
Ampia la scelta dei vini, tra i più rinomati di Puglia, il primitivo regna incontrastato nel tacco d’Italia, a cavallo tra i mari Adriatico e Jonio. I rosati a Leverano e Salice Salentino, il rosso a Nardò, il bianco ad Alessano.